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L'Ultima domanda - di Isaac Asimov (parte 1)

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Messaggio Da Plinio Mer Apr 30, 2008 3:19 pm

L'ULTIMA DOMANDA
L'ultima domanda venne posta per la prima volta, quasi per scherzo, il 21 maggio 2061, in un momento in cui l'umanità cominciava a intravedere finalmente un po' di luce. La domanda era il risultato di una scommessa di cinque dollari, nata durante una bevuta, ed ecco come andò la cosa. Alexander Adell e Bertram Lupov erano due dei fedeli assistenti addetti a Multivac. Sapevano - così come era dato saperlo a due esseri umani - che cosa c'era dietro la fredda, lampeggiante, ticchettante faccia - chilometri e chilometri di faccia - del gigantesco calcolatore. Avevano se non altro una nozione vaga del piano generale di relais e di circuiti che da tempo aveva superato il limite oltre il quale una singola mente umana non poteva assolutamente conservare una chiara visione d'insieme. Multivac si auto-regolava e si auto-correggeva. Doveva essere così, perché nessun essere umano poteva regolarlo o correggerlo con sufficiente rapidità o in modo adeguato. Così, Adell e Lupov badavano al mostruoso gigante solo in modo leggero e superficiale, e al tempo stesso come meglio non era possibile, trattandosi di uomini. Vi inserivano dati, adattavano le domande alle necessità del calcolatore e traducevano le risposte che questo forniva. Senza dubbio, tanto loro due che gli altri loro colleghi avevano pieno diritto di bearsi della gloria che spettava a Multivac. Per decenni, Multivac aveva dato una mano, per così dire, a progettare le navi e a calcolare le traiettorie che mettevano in grado gli uomini di arrivare sulla Luna, su Marte e su Venere ma, al di là di quelli, le scarse risorse della Terra non consentivano alle navi di affrontare il viaggio. Troppa energia era richiesta per i lunghi percorsi. La Terra sfruttava le sue riserve di carbone e di uranio con efficienza crescente, ma in sé quelle riserve erano limitate. Lentamente, tuttavia, Multivac aveva imparato quanto bastava per rispondere in modo più fondamentale a domande più profonde e, il 14 maggio 2061, quella che era stata una teoria, era diventata un fatto concreto. L'energia del sole veniva ora immagazzinata, trasformata e utilizzata direttamente, su scala planetaria. La Terra intera poteva spegnere i suoi fuochi alimentati a carbone e le sue centrali nucleari, per far scattare l'interruttore che connetteva il tutto a una piccola stazione, di un chilometro e mezzo di diametro, in orbita attorno alla Terra a una distanza che era la metà di quella della Luna. Tutto, sulla Terra, funzionava ora grazie agli invisibili raggi dell'energia solare. Sette giorni non erano bastati a offuscare la gloria di quell'avvenimento, ma Adell e Lupov riuscirono finalmente a sottrarsi alle celebrazioni pubbliche per rifugiarsi in santa pace dove nessuno avrebbe pensato di cercarli, ossia nelle deserte sale sotterranee dove s'intravedevano alcune parti del possente corpo sepolto di Multivac. Si erano portati una bottiglia, e la loro unica preoccupazione, al momento, era di rilassarsi l'uno in compagnia dell'altro e con l'aiuto di un abbondante beveraggio. - È incredibile, se ci pensi bene - disse Adell. La larga faccia era segnata dalla stanchezza, ed egli agitava lentamente la bibita con una cannuccia di vetro, osservando i cubetti di ghiaccio nei loro stentati spostamenti. - Tutta l'energia che potremmo mai desiderare di usare, completamente gratuita. Energia a sufficienza, qualora decidessimo di farne spreco, per fondere tutta la Terra in un unico gocciolone di ferro liquido e impuro, senza minimamente dar fondo, per questo, alla riserva totale. Tutta l'energia che potremo mai usare, insomma, per sempre, per sempre e ancora per sempre. Lupov piegò la testa da un lato. Era un vezzo, che aveva, quando si metteva in mente di fare il Bastian contrario; e ne aveva una gran voglia, in quel momento, forse perché era toccato a lui procurare il ghiaccio e i bicchieri. - Per sempre poi no - disse. - Andiamo, Bert, praticamente per sempre, si. Fino a che il sole non sarà scarico, per lo meno. - Be', non per sempre, allora. - Ma sì, come vuoi tu. Per miliardi e miliardi di anni. Venti miliardi, facciamo. Soddisfatto, sì? Lupov si passò le dita tra i capelli sempre più radi, come per assicurarsi che gliene rimanesse ancora qualcuno, e sorseggiò pian pianino la sua bibita. - Venti miliardi di anni non è per sempre. - Be', durerà almeno finché ci siamo noi, no? - Se è per questo, sarebbero durati anche il carbone e l'uranio. - D'accordo, ma ora possiamo allacciare ogni singola nave alla Stazione Solare, e farla andare e tornare da Plutone un milione di volte senza doverci più preoccupare del combustibile. Prova a farlo con il carbone e l'uranio, se sei capace! Del resto, se non mi credi, domandalo a Multivac. - Non ho bisogno di domandarlo a Multivac. Lo so. - Allora piantala di minimizzare quello che Multivac ha fatto per noi - disse Adell, accalorandosi. - È stato bravissimo! - Chi dice di no? Io dico solo che un sole non dura in eterno. Basta, non ho detto altro! Per venti miliardi di anni siamo tranquilli; e poi? - Lupov puntò contro l'altro l'indice che tremava leggermente. - E non venire a dirmi che potremo attaccarci a un altro sole. Per un po', rimasero in silenzio. Solo di tanto in tanto Adell si portava il bicchiere alle labbra, e Lupov un po' alla volta aveva chiuso gli occhi. Riposavano, tutti e due. Poi, Lupov riaprì gli occhi di scatto. - Stai pensando che, quando il nostro sarà esaurito, ci attaccheremo a un altro sole, vero? - Non sto pensando affatto. - Sì, invece. Tu manchi di senso logico, ecco qual è il tuo difetto. Sei come quel tale della storiella, che essendo stato sorpreso da un acquazzone era corso fino a un boschetto e si era rifugiato sotto un albero.

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