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L'ultima domanda - di Isaac Asimov (parte 3)

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Messaggio Da Plinio Mer Apr 30, 2008 3:37 pm

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Jerrodd provava un senso di esaltazione, cosa che sempre gli accadeva quando si ricordava che il suo Microvac personale era di gran lunga più complicato dell'antico e primitivo Multivac che per primo aveva domato il Sole, nonché quasi altrettanto complesso dell'AC Planetario Terrestre (il più grande di tutti) che per primo aveva risolto il problema del viaggio interstellare e reso possibile spostarsi da una stella all'altra.
- Tante stelle, altrettanti pianeti - sospira Jerrodine, immersa nelle proprie meditazioni. - Le famiglie non faranno che trasferirsi su nuovi pianeti, per sempre, proprio come stiamo per fare noi ora.
- Per sempre no - corresse Jerrodd, con un sorriso. - Un giorno o l'altro, tutto si fermerà, ma prima che accada dovranno passare miliardi di anni. Molti miliardi. Perfino le stelle si esauriscono, come ben sai. L'entropia deve per forza aumentare.
- Che cos'è l'entropia, papà? - strillò Jerrodette II.
- L'entropia, cara, è una... un termine, ecco. Significa il quantitativo di decadimento dell'universo. Tutto si... si scarica, diciamo così. Come il tuo piccolo robot walkie-talkie, ricordi?
- E non si può inserire una nuova unità di energia, come facevamo per il mio
robot?
- Le stelle sono le unità di energia, mia cara. Una volta esaurite quelle, non ne rimangono più.
All'istante, Jerrodette I scoppiò in un pianto disperato. - No, no, papà, non voglio! Non lasciare che le stelle si scarichino, papà!
- Hai visto cos'hai fatto, ora? - bisbigliò Jerrodine, esasperata.
- Come potevo immaginare che si sarebbero spaventate? - bisbiglia Jerrodd di rimando.
- Domandalo al Microvac - Sìnghiozzò Jerrodette I. - Domandagli come si fa per riaccendere le stelle.
- Coraggio, domandaglielo - disse Jerrodine. - Chissà che non serva a calmarle. - (Anche Jerrodette II aveva cominciato a piagnucolare.)
Jerrodd si rassegnò. - Buone, su, bambine. Ora sentiamo da Microvac, eh? Vedrete che ce lo dirà, state tranquille.
Rivolse la domanda al Microvac, affrettandosi ad aggiungere: - Rispondi per iscritto.
Qualche istante dopo, faceva sparire nel palmo la sottile striscia di cellufilm e diceva allegramente: - Ecco qua, Microvac dice di non preoccuparsi, che quando verrà il momento penserà lui a tutto.
- E adesso a letto, bambine - intervenne Jerrodine. - Tra poco saremo nella nostra nuova casa.
Prima di distruggere la strisciolina di cellufilm, Jerrodd lesse ancora una volta le parole: DATI INSUFFICIENTI PER RISPOSTA SIGNIFICATIVA.
Con un'alzata di spalle, riportò l'attenzione sul quadro visivo. X-23 era vicinissimo, ormai.
VJ-23X di Lameth fissò le nere profondità della mappa tridimensionale su scala ridotta della Galassia e domandò: - Che dici, siamo ridicoli a preoccuparci tanto della questione?
MQ-17J di Nicron scosse la testa. - Non direi. Si sa che, al presente tasso di espansione, nel giro di cinque anni la Galassia si popolerà completamente.
Sembravano entrambi sul principio della ventina, erano tutt'e due alti e perfettamente formati.
- D'altra parte - osservò VJ-23X - non so se sia il caso di presentare un rapporto pessimistico al Consiglio Galattico.
- Io non esiterei, invece. È il solo rapporto possibile, secondo me. Li scuoterà un po', si spera. Bisogna scuoterli, caro mio.
VJ-23X sospirò. - Lo spazio è infinito. Cento miliardi di Galassie sono là che aspettano d'essere popolate. Ma che dico, di più!
- Cento miliardi non sono affatto l'infinito, e per di più lo sono sempre di meno, a mano a mano che il tempo passa. Ma rifletti! Ventimila anni fa, l'umanità risolse il problema di come utilizzare l'energia stellare e, pochi secoli più tardi, il viaggio interstellare divenne una cosa possibile. Ebbene, l'umanità che aveva impiegato un milione di anni a saturare un unico, piccolo mondo, da quel momento ne ha impiegati soltanto quindicimila per riempire il resto della Galassia. Ora, ogni dieci anni la popolazione raddoppia...
- Possiamo ringraziare l'immortalità per questo - lo interruppe VJ-23X.
- Siamo d'accordo. Ma l'immortalità esiste, e non ci resta che tenerne conto. Intendiamoci, il suo lato negativo ce l'ha, non lo metto in dubbio. L'AC Galattico avrà risolto molti problemi, non discuto, ma nel risolvere quello per prevenire la vecchiaia e la morte, ha mandato a Patrasso tutte le altre sue soluzioni.
- E d'altra parte, sii sincero: saresti disposto ad abbandonare la vita?
- Neanche per idea - scattò MQ-17J, subito moderandosi e aggiungendo: - Non ancora. Sono ancora giovane, alla fin fine. Tu quanti anni hai?
- Duecentoventitré. E tu?
- Sono ancora sotto i duecento, io... Ma, per tornare al discorso di prima, la popolazione, dicevo, raddoppia ogni dieci anni. Una volta saturata questa Galassia, nel giro di dieci anni ne avremo popolata un'altra. Altri dieci anni, e ne avremo riempite altre due. Altro decennio, e ne avremo saturate altre quattro. Tempo un centinaio d'anni, e di Galassie ne avremo riempite un migliaio. In mille anni, un milione di Galassie. In diecimila anni, l'Intero Universo conosciuto. E poi?
- Senza contare - osservò VJ-23X - che esiste un problema tutt'altro che secondario, ossia quello del trasporto. Mi domando quante unità di energia solare ci vorranno per trasferire Galassie di individui da una Galassia all'altra.
- Osservazione quanto mai pertinente! Già oggi, l'umanità consuma qualcosa come due unità di energia solare all'anno.
- Di cui la maggior parte va sprecata. In fin dei conti, la nostra Galassia da sola riversa un migliaio di unità d'energia solare all'anno, di cui noi ne usiamo soltanto due.
- D'accordo, ma anche con un'efficienza del cento per cento, non faremmo che rinviare la fine. Le nostre richieste di energia aumentano, in proporzione geometrica, anche più rapidamente della nostra popolazione. Esauriremo l'energia solare prim'ancora d'avere esaurito le Galassie. Hai fatto un'osservazione giusta. Sì, giustissima.
- Ci toccherà costruire nuove stelle, ricavandole dal gas interstellare.
- O dal calore dissipato? - domandò con sarcasmo MQ-17J.
- Chissà che non esista un modo di invertire l'entropia? Dovremmo proprio domandarlo all'AC Galattico.
VJ-23X non diceva sul serio, ma MQ-17J estrasse di tasca il suo Contatto-AC e lo posò sul tavolo, davanti a sé.
- Ho una mezza voglia di farlo - disse. - È un argomento che la razza umana dovrà pure affrontare, un giorno o l'altro.
Fissava cupamente il suo piccolo Contatto-AC. In sé, l'apparecchio era un piccolo cubo insignificante, ma era collegato, attraverso l'iperspazio, con il grande AC Galattico che serviva tutto il genere umano. Tenuto conto dell'iperspazio, l'apparecchietto era parte integrale dell'AC Galattico.
MQ-17J si soffermò a domandarsi se, nel corso della sua vita immortale, sarebbe riuscito a vedere da vicino l'AC Galattico. L'AC stava su un piccolo pianeta tutto suo, ragnatela di linee di forza che abbracciava la materia entro la quale ondate di sub-mesoni prendevano il posto delle rozze valvole molecolari di un tempo. Tuttavia, nonostante i suoi dispositivi sub-eterici, era risaputo che l'AC Galattico si estendeva per ben trecento metri.
- Sarà mai possibile invertire l'entropia? - domandò inaspettatamente MQ-17J al suo Contatto-AC.
VJ-23X trasalì e si affrettò a precisare: - Ma, di' un po', non pensavo certo che glielo domandassi davvero, sai?
- Perché no?
- Perché sappiamo benissimo che non è possibile invertire l'entropia. Non si può ritrasformare fumo e cenere in un albero.
- Avete alberi sul vostro pianeta? - domandò MQ-17J.
Il suono dell'AC Galattico li zittì all'improvviso, facendoli trasalire. La voce del possente calcolatore usciva bella e un po' fievole dal piccolo Contatto-AC posato sulla scrivania. DATI INSUFFICIENTI PER RISPOSTA SIGNIFICATIVA, disse.
- Hai sentito? - mormorò VJ-23X.
Dopo di che, i due uomini ritornarono alla questione del rapporto da presentare al Consiglio Galattico.

La mente di Zee Prime misurò a spanne la nuova Galassia, mostrando soltanto un vago interesse per le innumerevoli stelle che la incipriavano. Sicuramente non l'aveva mai vista, quella. Sarebbe mai riuscito a vederle tutte? Numerose com'erano, ciascuna con il suo carico di umanità... Ma un carico che era più che altro un peso morto. Sempre di più, la vera essenza dell'uomo andava ricercata là fuori, nello spazio.
Menti, non corpi! I corpi immortali rimanevano laggiù sui pianeti, come sospesi al di sopra del tempo. Talvolta si ridestavano a un'attività materiale, ma il fenomeno si faceva sempre più raro. Pochi individui nuovi vedevano la luce e andavano ad aumentare le imponenti masse di moltitudini, ma che importanza aveva? Non c'era più spazio nell'Universo, ormai, per nuovi individui.
Zee Prime si scosse dalle sue meditazioni nell'imbattersi nelle volute lievi di un'altra mente.
- Sono Zee Prime - disse Zee Prime. - E tu?
- Mi chiamo Dee Sub Wun. La tua Galassia?
- La chiamiamo soltanto Galassia. E tu?
- Anche noi la chiamiamo soltanto così. Tutti chiamano così la loro Galassia. Che male c'è?
- Ah, figurati! Tra l'altro, sono tutte uguali.
- Proprio tutte, no. Su una particolare Galassia, la razza umana deve avere avuto origine, e questo la rende diversa.
- Su quale? - domandò Zee Prime.
- Non saprei. Ma l'AC Universale dovrebbe saperlo.
- Vogliamo domandarglielo? Ora m'hai messo in curiosità.
Le percezioni di Zee Prime si dilatarono fino a che le Galassie stesse si rimpicciolirono e divennero uno spolverìo diverso e più diffuso sopra uno sfondo assai più vasto. A centinaia di miliardi, ve n'erano, tutte con i loro esseri immortali, tutte recanti il loro carico di intelligenze, con menti che fluttuavano liberamente nello spazio. Eppure, una di esse era unica tra tutte, in quanto era la Galassia originale. Una di esse, nel suo vago e distante passato, aveva un periodo in cui era stata l'unica Galassia popolata dall'uomo.
Zee Prime ardeva dalla curiosità di vedere quella Galassia e chiamò: - AC Universale! Su quale Galassia ha avuto origine il genere umano?
L'AC Universale udì, poiché su ogni mondo e attraverso tutto lo spazio aveva pronti i suoi ricettori, e ogni ricettore, attraverso l'iperspazio, conduceva a qualche punto ignoto dove l'AC Universale si teneva in disparte.

Zee Prime sapeva di un solo uomo i cui pensieri erano penetrati entro una distanza dalla quale era ancora possibile captare l'AC Universale, e costui aveva riferito d'avere intravisto a fatica un globo luminoso, del diametro di mezzo metro.
- Ma è mai possibile che l'AC Universale sia tutto lì? - aveva domandato Zee Prime
- La maggior parte di esso - era stata la risposta - È nell'iperspazio. Sotto quale forma, proprio non saprei immaginare.
Né alcuno lo poteva, perché ne era passato di tempo. Zee Prime lo sapeva, dal giorno in cui un uomo aveva avuto una parte sia pure secondaria nella creazione di un AC Universale. Ciascun AC Universale progettava e costruiva il suo successore. Ciascun AC, durante la sua esistenza di un milione di anni e più, accumulava i dati necessari a costruire un successore migliore, più complesso ed efficiente, in cui il suo stesso bagaglio di dati e di individualità sarebbe rimasto sommerso.
L'AC Universale interruppe i pensieri divaganti di Zee Prime, non con parole ma con una sorta di influsso direttivo. Zee Prime venne guidato entro il confuso mare delle Galassie fino a che una in particolare si ingrandì, mostrandosi in tutte le sue stelle.
Un pensiero, infinitamente lontano ma infinitamente chiaro, arrivò a Zee Prime: QUESTA è LA GALASSIA ORIGINALE DELL'UOMO.
Ma era identica a tutte le altre, alla fin fine, e Zee Prime soffocò il suo disappunto.
Dee Sub Wun, la cui mente aveva accompagnato l'altra, domandò all'improvviso:
- E una di queste è la stella originale dell'Uomo?

LA STELLA ORIGINALE DELL'UOMO È DIVENTATA UNA NOVA, rispose l'AC Universale. È UNA NANA BIANCA.
- E gli uomini che ci vivevano sono morti? - domandò Zee Prime, senza riflettere.
COME SEMPRE IN QUESTI CASI, disse l'AC Universale, PER I LORO CORPI È STATO COSTRUITO IN TEMPO UN MONDO NUOVO.


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